lunedì 12 febbraio 2024
La vita di Caterina ci chiama a non fuggire dalla nostra fragilità

Eravamo in tanti giovedì scorso, 8 febbraio, a riempire la Basilica della Ss. Annunziata per partecipare alla messa in suffragio di Caterina Morelli, a cinque anni dalla sua nascita al Cielo.

Un fiume di gente, come il giorno del suo funerale, segno che la memoria di questa giovane donna fiorentina è ancora viva tra coloro che l'hanno conosciuta ma anche tra quanti ne hanno sentito soltanto parlare.

In prima fila i genitori Mariachiara e Massimo, il marito Jonata, i figli Giacomo e Gaia, le sorelle, i cognati e i nipoti. E poi i colleghi medici e tanti, tantissimi amici fiorentini e non solo, nonostante fosse un giorno feriale.

Una celebrazione semplice ma allo stesso tempo carica di significato che è stata arricchita ulteriormente dai canti preparati dal coro della Comunità di Comunione e Liberazione e dalla presenza di mons. Carlo Ciattini, vescovo di Massa Marittima - Piombino, che ha presieduto il rito insieme a diversi sacerdoti tra cui don Filippo e padre Gabriele. Con quest'ultimo la Cate, come tutti la chiamavamo, aveva mantenuto un rapporto epistolare quasi fino alla fine della sua esistenza e di alcuni passaggi di questa conversazione siamo venuti a conoscenza nei giorni scorsi grazie a Radio Maria e a Marina Casini.

Sì, perché Caterina si è preparata senza sosta all'incontro con Gesù. Una ricerca che è passata attraverso la malattia e il dolore ma che era animata anche da una certezza e una speranza dinanzi alle quali tutti restavano a bocca aperta.

E' il mistero della croce che si può rifiutare oppure accogliere, affidandosi all'opera di un Altro, come ha fatto la nostra cara amica. La sua storia è raccontata nel libro scritto da Debora Sagrazzini “La volontà di Dio rende tutto perfetto” per i tipi della San Paolo, citato anche da mons. Ciattini nella sua omelia e in vendita nel chiostro della basilica al termine della celebrazione. “La ricerca di Gesù passa anche attraverso il dolore e la paura” che la Cate combatteva quotidianamente.

“E' proprio nei giorni del dolore e della paura – ha aggiunto il vescovo – che lo cerchiamo perché ci stia accanto, perché nulla sia perduto, neanche la pur minima goccia di sudore, ma tutto porti frutti in abbondanza. L'unione con Lui è condizione per raccogliere frutti, come pure il vivere quella solidarietà con i fratelli e le sorelle. Nei momenti del dolore e della lotta per la vita sentiamo con più forza la necessità di essere con gli altri e per gli altri”.

Tornando a Caterina, mons. Ciattini ha sottolineato che era nei suoi progetti “unirsi ad altre famiglie amiche che, innamorate di Cristo, e attratte dalla scoperta della vita come vocazione, iniziassero a mettere a tema la possibilità, tanto incredibile, quanto affascinante, di una vita comunitaria, che prima di tutto fosse di aiuto al cammino vocazionale di ciascuno e l'accoglienza in affidamento ad altri bambini in difficoltà”.

Un esempio per dire che “il mistero della croce ci chiama ad affidarci, diversamente c'è la disperazione. Un affidarci che porta frutti di compassione verso noi stessi e verso i fratelli. E' il momento di entrare in quell'altrove in cui ci perdiamo per ritrovarci veramente e definitivamente. Lì l'uomo incontra Dio, lì Dio viene a cercarci perché arresi e fatti docili, lì l'uomo incontra se stesso e non è più estraneo né a sé, né all'uomo”.

Ciò significa che “dobbiamo cercare Dio in quell'altrove che è la nostra fragilità. Non fuggirla con l'artificio di una cosmesi che ci rende ridicolamente perfetti, sfigurando l'uomo, la famiglia, la Chiesa e ogni altra società. Oggi l'uomo, la famiglia, il mondo hanno bisogno di cristiani seri ed onesti, capaci di studiare i segni dei tempi e dare risposte vere all'ansia sempre crescente che raccogliamo ogni giorno”.

Dunque, il ricordo della testimonianza di Caterina “ci dice di tanti che ancora oggi sentono una seria responsabilità come uomini e cristiani. Chiediamo al Signore la sua luce e la sua forza che è la grazia di vivere con Lui, per Lui e in Lui”. In apertura, il vescovo aveva proprio ricordato la bellezza e la gioia di essere cristiani.

“Bellezza e gioia che sono dono di Dio e, al tempo stesso, sono fatica per accogliere e custodire questo dono. Questa, credo, sia la fatica del cristiano: accogliere, ricevere. L'uomo religioso si preoccupa di essere perfetto, l'uomo di fede cerca di essere vero, autentico, e in questa ricerca si accorge che il compito è impari, è più grande, tanto più grande di lui, e ha bisogno di accogliere il Signore nella propria vita”.

Caterina ha cercato di essere vera e autentica e ha testimoniato, anche nella malattia, ciò che Dio ha operato nella sua vita, lasciandosi fare da Lui e affidandosi al Destino buono che c'è per ciascuno di noi. Ed infatti la sua storia non è finita con la sua morte.

Ci sarebbero tanti episodi da poter raccontare ma quello più esemplificativo è quando dieci giorni dopo il matrimonio scopre di essere in attesa del secondo figlio e, solamente quattro ore più tardi, ha il risultato delle analisi riguardanti un nodulo al seno: forma di tumore estesa e molto aggressiva.

Alla proposta di una interruzione di gravidanza per poter procedere con le cure mediche, Caterina risponde negativamente e, grazie ad alcuni amici di Milano, trova una cura compatibile con la vita che porta in grembo. Insieme al cammino di convivenza col male, va avanti un approfondimento della sua esperienza cristiana condotta insieme alla sua famiglia e ai suoi amici.

Cate è salita alla Casa del Padre alle ore 1.26 dell'8 febbraio 2019. Il suo funerale è stato uno degli eventi più importanti per la città di Firenze degli ultimi anni. La basilica dell'Annunziata era zeppa di gente e così anche all'esterno dove ad attendere il feretro c'erano anche gli ultras della Curva Fiesole con lo striscione “Cate sei volata nel cielo di Firenze per renderla più luminosa e bella”.

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