
Fondi per l'infanzia, la città di Firenze investe nelle scuole paritarie
C'è una notizia che rischia di passare sotto silenzio e che invece, a nostro giudizio, merita di essere approfondita e valorizzata. Stiamo parlando dell’aumento del finanziamento comunale a Firenze sui buoni scuola per le famiglie a basso reddito che scelgono le scuole dell’infanzia paritaria.
Nei giorni scorsi, la Giunta Comunale, guidata dalla sindaca Sara Funaro, ha approvato la ripartizione dei fondi statali del Ministero dell'Istruzione e del Merito destinati al sistema integrato dei servizi educativi per la fascia 0-6 anni.
Nonostante una riduzione delle risorse ministeriali rispetto agli anni passati, Palazzo Vecchio ha confermato il proprio impegno, stanziando 1,741 milioni di euro per potenziare e qualificare l’offerta educativa, con un’attenzione particolare al sostegno delle famiglie e alla valorizzazione del ruolo delle scuole dell’infanzia paritarie.
“La priorità va sempre alla qualità dell’offerta educativa e al continuo miglioramento dei servizi”, ha dichiarato l’assessora all’Educazione Benedetta Albanese. “Abbiamo aumentato i posti nei nidi in appalto e ampliato gli orari di frequenza, e incrementato il finanziamento per i buoni scuola, sostenendo così il sistema integrato pubblico-privato”.
Il piano approvato prevede: 1,511 milioni di euro per coprire le spese dei nidi comunali a gestione indiretta; 180 mila euro per i buoni scuola destinati alle famiglie che scelgono scuole dell’infanzia paritarie (fascia 3-6 anni); 50 mila euro per sostenere le attività estive organizzate dalle scuole paritarie durante la chiusura estiva.
Una scelta che incontra il plauso delle forze politiche locali, non solo di maggioranza. Ad esempio, dalle file dell'opposizione, il consigliere comunale di Italia Viva, Francesco Grazzini, ha commentato positivamente l’iniziativa, lodando il Comune per il supporto a un sistema educativo realmente integrato, capace di coniugare “qualità dei servizi e libertà di scelta educativa”.
Il caso di Firenze si distingue per la capacità di mantenere elevati standard educativi anche in un contesto di risorse decrescenti. In molte città italiane, infatti, i fondi ministeriali per il sistema integrato 0-6 non bastano a coprire le esigenze di un’offerta educativa ampia e diversificata. A Milano, ad esempio, l’attenzione è molto alta sui servizi per l’infanzia, ma la pressione demografica e il costo della vita rendono difficile l’accesso universale ai servizi, con una forte domanda ancora inevasa soprattutto nei quartieri periferici.
A Napoli, il sistema 0-6 è ancora parzialmente fragile, con carenze strutturali nei nidi comunali e un’offerta paritaria non sempre adeguatamente integrata nel sistema pubblico. La città di Bologna, da anni modello nazionale, investe in modo strutturato nei servizi educativi, ma sconta anch’essa il problema dell’aumento della domanda e della difficoltà a mantenere un rapporto ottimale tra qualità e copertura territoriale.
In questo contesto, il capoluogo toscano si distingue per una visione equilibrata e inclusiva, che valorizza tanto il pubblico quanto il privato paritario, cercando di costruire un sistema plurale, capillare e accessibile.
Il caso fiorentino riporta al centro il dibattito nazionale sul ruolo delle scuole paritarie, soprattutto dell’infanzia. Queste strutture, spesso gestite da enti religiosi o da cooperative educative, rappresentano oltre il 60% dell’offerta di scuola dell’infanzia in alcune regioni e garantiscono una presenza fondamentale anche in territori dove il pubblico è carente.
Tuttavia, il sistema paritario vive una crisi strutturale: molte scuole soffrono di sostenibilità economica, con numeri in calo e costi sempre più difficili da gestire senza un adeguato sostegno pubblico. Il contributo statale diretto resta insufficiente, e solo alcune amministrazioni, come appunto Firenze, integrano con fondi locali per sostenere le famiglie che scelgono queste realtà.
In conclusione, il modello adottato da Firenze potrebbe rappresentare una buona pratica da replicare, puntando su una rete realmente integrata tra pubblico e paritario; un sostegno economico concreto alle famiglie; un’offerta diffusa, flessibile e di qualità.
Solo in questo modo sarà possibile garantire, in tutta Italia, un accesso equo e libero all’educazione nei primi anni di vita, fase cruciale per lo sviluppo dei bambini e per l’equilibrio familiare e sociale.

