domenica 23 aprile 2023
Il terzo settore migliora la qualità della vita: il caso Puccini Conversini

Andrea Mati è un imprenditore pistoiese. Da 4 generazioni la sua azienda è sinonimo di eccellenza nella produzione vivaistica di piante ornamentali, anche di grandi dimensioni, nella progettazione e realizzazione di piccoli e grandi giardini, nella promozione della cultura del verde e del food agrituristico toscano. Dieci anni fa, insieme ad altri amici, Andrea ha fondato la cooperativa sociale Puccini Conversini. Dopo aver collaborato in passato con le comunità San Patrignano di Muccioli e Incontro di don Gelmini, ha deciso di spendersi in prima persona per prendersi a cuore il bene comune.

La cooperativa è stata intesa come un luogo di formazione che offre nuove opportunità a persone che vivono situazioni di disagio fisico, psichico e sociale. Da questa idea di fondo, sono nati tanti progetti che ovviamente hanno come comune denominatore il verde e le piante. “Il verde – sottolinea l’imprenditore – ci migliora la vita. Il verde è vita, è salvezza. Il nostro obiettivo è quello di trasformare il male in bene. In questi anni, abbiamo visto persone che sono riuscite a recuperare la propria vita o a inserirsi nel mondo del lavoro. Salvare una pianta può voler dire salvare una vita perché la pianta trasmette un valore immenso”.

In questa esperienza a contatto con la natura, c’è chi proviene dal mondo della tossicodipendenza, chi ha avuto problemi di alcool, chi ha una sindrome dello spettro autistico. A tutti loro Andrea, che ha anche scritto il libro “Salvarsi con il verde” in cui propone la rivoluzione del metro quadro vegetale, ha proposto il progetto di affidare pianti sofferenti a persone sofferenti con risultati importantissimi. Lo testimonia anche il fatto che il Ministero della Giustizia ha appena approvato la proposta di coinvolgere gli ospiti del carcere di Sollicciano nella cura di un’area verde a Badia a Settimo. “Il recupero del territorio così come delle persone fragili deve vedere tutti protagonisti, non soltanto la parte pubblica. Tocca a ciascuno di noi prendersi cura del verde, delle altre persone e degli altri esseri viventi”.

Quello della Puccini Conversini è soltanto un esempio di ciò che il terzo settore e il mondo del volontariato possono fare per il migliorare il benessere collettivo. Un concetto che è stato espresso molto bene nell’ultimo Rapporto della Sussidiarietà che è stato presentato lo scorso fine settimana a Firenze grazie alla Compagnia delle Opere della Toscana e al Cesvot. Un’occasione molto utile per fare il punto della situazione sullo stato dell’arte del no profit in Italia ma anche per disegnare nuove piste di impegno comune tra pubblico e privato sociale, soprattutto in un momento storico delicato come quello che stiamo vivendo.

Il documento, realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con l’Istat, parte dall’assunto che partecipare ad attività sociali e di volontariato migliora la qualità della vita e riduce il rischio di povertà. C’è infatti una stretta correlazione tra impegno sussidiario e inserimento al lavoro. Seguire programmi di formazione continua oppure attività culturali favorisce l’occupazione a tutte le età, così come far parte di associazioni no profit. Il rapporto stila la graduatoria delle zone in cui la sussidiarietà è più diffusa: le regioni del centro-nord si collocano in testa alla classifica; quelle del sud invece sono in coda ma mostrano incoraggianti segnali di risveglio.

Il covid e la guerra in Ucraina hanno esaltato il ruolo del no profit: si conferma così la storica vocazione solidale della Penisola. Il terzo settore conta oltre 375.000 istituzioni, cresciute del 25% in un decennio. E’ un universo fatto di associazioni, fondazioni, cooperative e sindacati. La produzione del no profit è stimata in 80 miliardi di euro, ovvero quasi il 5% del prodotto interno lordo. Gli addetti sono oltre 900.000 di cui il 70% donne. A loro si aggiungono 4 milioni di volontari.

In questo contesto è sempre più popolare il 5xmille dell’Irpef, il contributo destinato agli enti del terzo settore. In un decennio le erogazioni sono cresciute del 60%, sfiorando i 520 milioni di annuali. I contribuenti che assegnano il 5xmille sono oltre 15 milioni, quasi 4 su 10. Gli enti beneficiari sono circa 73.000, il doppio rispetto a dieci anni fa. Allo studio hanno contribuito professori universitari e ricercatori sul campo e dimostra che lo sviluppo sostenibile si può raggiungere solo con la spinta dal basso, frutto della cultura sussidiaria.

Un’idea ripresa anche da Giorgio Vittadini che è presidente della Fondazione per la Sussidiarietà: “Chi ha una posizione di sé relazionale partecipa, si fa aiutare, non aspetta l’aiuto pubblico. Abbiamo riscontrato una correlazione molto positiva tra il terzo settore e lo sviluppo. Entrando in rapporto con le realtà che stimolano la persona, è più facile mettersi in azione ed entrare nel mondo del lavoro. Una dinamica virtuosa che contribuisce a far diminuire la disoccupazione, la povertà e l’abbandono scolastico”. Le reti sociali, quindi, stimolano ad uscire da un atteggiamento passivo dei cittadini e ad eliminare le politiche assistenzialiste da parte dello Stato.

“E’ una modalità nuova di intervenire rispetto al bisogno delle persone”, sottolinea Vittadini facendo riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 131 che ha stabilito la co-programmazione tra ente pubblico e terzo settore. “Nessuno può pensare di essere autosufficiente rispetto ai problemi che sono cresciuti. E’ necessario mettere insieme tutte le forze. Più Stato e più società vuol dire che se tu tieni dentro il terzo settore nello sviluppo lo fai ancora più grande perché diventa uno sviluppo sociale”.

Un nuovo modo di ragionare e una rivoluzione culturale che sono in atto anche nella città di Firenze come testimoniato dal sindaco Dario Nardella. “Iniziamo a vivere una politica sempre più sussidiaria seppur nella distrazione delle istituzioni centrali. Se è dovuta intervenire la Corte, significa che c’è una lentezza da parte di chi deve legiferare. Il Paese, però, ha già scelto la strada della sussidiarietà. Le comunità locali hanno cominciato ad avere una capacità di verifica di ciò che dici. Nei territori la vicinanza tra chi governa e i cittadini, ti permette di avere un rapporto tra ciò che dici e ciò che fai e quindi di ricucire il rapporto tra cittadino e politica”.

Per il primo cittadino, è importante dare ruolo ai corpi intermedi che non sono un ostacolo ma parte integrante della vita di una comunità. “Le istituzioni comunali sono chiamate a dare risposte ma in una dimensione moderna, relazionale grazie anche ad una spinta che viene dal basso e quindi di una partecipazione che è anche sintomo di democrazia. Tra eletti e cittadini non c’è un rapporto come tra produttore e consumatore. La pandemia ci ha consegnato una nuova responsabilità nel crescere insieme. Si tratta di un’amministrazione condivisa e non consociativa. Non si mescolano ruoli, responsabilità e interessi ma c’è una condivisione di responsabilità in cui ognuno ha un ruolo preciso e può contare sulla solidarietà degli altri”.

In vista del 25 aprile, secondo Nardella è necessario tornare alle radici e quindi alla Costituzione che “ci aiuta ad affrontare il tema del lavoro che rende l’uomo degno di vivere. Bisogna distinguere tra assistenzialismo e solidarietà che fa leva sulla persona, sulla forza della persona e include le istituzioni. Lo sforzo deve essere quello di portare sempre più persone nel mondo del lavoro, iniziando a investire nel campo della formazione e della scuola”.

Una critica alla politica è arrivata anche da Filomena Maggino, professoressa di Statistica alla Sapienza di Roma, secondo cui è stato un errore “non aver messo al centro delle decisioni pubbliche negli ultimi venti/trenta anni il benessere dei cittadini. Ciò ha messo il nostro Paese in una condizione di fragilità che, con l’arrivo di un virus, si è trasformata in emergenza sanitaria, poi economica e infine sociale”.

La docente, che ha collaborato alla stesura del rapporto, si sofferma in particolare sul tema della sostenibilità. “Non è un settore che va osservato, ma una dinamica. Non è una questione settoriale. Siamo nel campo complessità. Tutto è legato dall’obiettivo del nostro agire e del nostro viveva ossia al benessere del Paese. Il Bes è uno strumento che fa il monitoraggio del benessere e rende più sostenibile il Paese. Perciò occorre una visione sistemica della realtà sia in termini di osservazione che decisionale. In questo quadro entra a pieno titolo la sussidiarietà perché motiva molto le persone anche se non può esonerare la politica dai suoi impegni e dai suoi obiettivi”.

Per le foto ringraziamo Ieffe Studio di Ilario Fabbian.

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